
Giugno 2009, avevo 13 anni, faceva caldo.
Mi ero scampato di poco gli esami di quinta elementare ma per quelli delle medie nessuna legge fece in tempo a fermarli.
Non ho mai avuto un bel rapporto con l'esame, l'interrogazione, la verifica, trovavo molto difficile la dimostrazione del sapere, mi sembrava che quel momento fosse un po' truccato, saper esporre un concetto sotto pressione è un'abilità esterna a sapere la cosa in sé, specie per quella sorta di blob umano in metamorfosi che siamo quando abbiamo tra i 10 e i 13 anni.
C'era una tesina da preparare.
Il concetto di tesina già mi affascinava, si poteva "inquinare" il programma scolastico con qualcosa di più personale, dare un po' di colore alla disciplina, mettere un nastrino attorno a un rigido quaderno.
Cosa portare ?
Cosa mi piaceva in quell'epoca?
Erano anni bui per la mia generazione, la tecktonik, il colore viola, le polo della Fred Perry,le felpe di Abercrombie con annessa polaroid in compagnia di modelli,le maglie con la scimmia, i pantaloni della Boxeur des Rues, Keith Haring ovunque senza un motivo.
Se stai provando nostalgia dopo aver letto queste righe sei un brutta persona.
Io amavo i manga e gli anime.
Ecco se avevi 13 anni e ti piacevano questi prodotti giapponesi quelli erano anni d'oro, i Big Three (per i profani parliamo di Naruto, Bleach e One Piece ) erano all'apice della loro fantasia, su MTV la mia passione per il basket incontrava il mondo nipponico grazie a Slam Dunk e in Italia arrivavano gli ultimi episodi di Death Note.
Se stai provando nostalgia dopo aver letto queste righe non sei una brutta persona però su è ora di crescere e ammettere che erano pieni di difetti.
La mia piccola scuola di provincia non era ancora pronta a tesine su questi argomenti (ora ci sono tesi di laurea che indagano questi prodotti) e decisi di allargare un po' il tiro e portare come argomento l'intera nazione, il Giappone.
Le nazioni andavano forti come soggetto, facili da collegare con ogni materia e abbastanza duttili da poter essere plasmate secondo la propria personalità.
Geografia - Il Giappone
Scienze - I terremoti e le case antisismiche
Ed. Fisica - Il sumo
Musica - Lo shamisen
Storia - Hiroshima e Nagasaki
Italiano - ...........
Ecco in italiano non sapevo cosa portare, diciamo che di letteratura giapponese non avevo mai sentito parlare e per quanto riguardava i manga non erano considerati letteratura dal professore, un pensiero condivisibile oggi ma assolutamente sacrilego per il me dell'epoca.
Il professore era appassionato di cinema e molti dei miei compagni avevano collegato la materia a un film.
Conoscenza di cinema dell'Alessandro dell'epoca ?
Poca
Film preferito a 13 anni?
Spiderman 2 di Sam Raimi (Poteva decisamente andare peggio)
Venne in soccorso mio fratello, mastro consigliere per eccellenza.
Mi diede un DVD, diverso da tutti gli altri.
La copertina rigida, ruvida come quella di un libro antico, il colore rosso granata, tre scritte.
Akira Kurosawa
I SETTE SAMURAI
Edizione speciale
3 ore e 27 minuti, in bianco e nero direttamente dal 1954.
Vero che ancora non si parlava di diminuizione della soglia di attenzione però sempre 13 anni avevo, c'erano tutte le premesse di un fallimento visivo...eppure no.
Fui rapito da quelle immagini, sconvolto dal ritmo con cui la vicenda si sviscerava davanti ai miei occhi, avevo la sensazione che tutto durasse esattamente quanto doveva durare, che ogni sguardo, battuta fosse di vitale importanza per lo svolgimento della pellicola.
Ritrovavo i personaggi, le situazioni, il divertimento, l'azione, la poesia che vedevo nei manga ma fatti molto meglio, mi sembrava di star guardando un segreto.
I volti dei contadini, le personalità dei 7 samurai, la missione disperata di resistenza e speranza.
In questa epopea il regista riesce a condensare l'umano nelle sue molteplici sfaccettature, c'è il volto della miseria e della povertà stampato su quei contadini mentre cercano di recuperare i loro chicchi di riso, c'è il rapporto genitori e figli, l'attaccamento alla casa, l'amore, la morte, la perdita e la speranza.
C'è la natura che fa da padrona, membro imprescindibile del cast in ogni film di Kurosawa ed ecco allora che il vento, la pioggia e il fango diventano personaggi a sé stanti, presenti e forti sulla scena.
Si potrebbe mettere in pausa in qualsiasi momento questa pellicola e ne uscirebbe fuori un quadro da studiare, ogni fotogramma è riempito e composto con sapiente cura.

Vorrei parlare di una sola inquadratura per non dilungarmi troppo, i samurai scelgono di difendere il villaggio dei poveri contadini dagli attacchi dei predoni, stabiliscono un perimetro, un confine, per massimizzare l’efficacia della loro strategia si vedono costretti a lasciare tre case fuori dalla loro giurisdizione, le famiglie saranno ospitate all’interno della zona di difesa.
Una di queste case appartiene all’anziano del villaggio, la figura più saggia, lo avevamo già visto nei primi minuti del film, fu lui a consigliare ai tre giovani contadini, fu lui che suggerì il numero sette, sempre da lui il villaggio si recava per chiedere consiglio, per prevenire ogni sorta di problema.
Ecco che i predoni attaccano il villaggio e come previsto dai samurai, gli antagonisti prendono di mira le tre case fuori dal centro cittadino, a quel punto scopriamo che il vecchio saggio non ha seguito il sensato piano, è rimasto nella sua casa/mulino e Kurosawa ce lo mostra di spalle, intento a fissare il suo frantoio che gira senza sosta anche tra le fiamme.
Una manciata di secondi, un momento di silenzio in mezzo al caos, una presa di posizione forte, il capire di essere arrivato alla propria fine, un saggio che fa una scelta che qualcuno potrebbe giudicare infantile, un'immagine che racconta una vita intera.

A 13 anni forse non capivo tutto ciò ma poco importa ed è proprio questa la grandezza di questo film, questo è ciò che lo rende in definitiva un capolavoro, è un film per tutti, ognuno al suo interno potrà trovare ciò che cerca, che sia poesia, emozione, intrattenimento.
Le sopraffini prove attoriali di di Toshiro Mifune e Takashi Shimura, un continuo passaggio tra una prova espressionista e una impressionista che si incontrano e si contaminano a vicenda, mutando in continuazione, da maschere rigide a microespressioni psicologiche.
Finanche nel finale riesce a essere completo, complesso e semplice allo stesso tempo, una vittoria che si celebra cantando e coltivando la terra, un lutto che si celebra con una manciata di parole.
“Anche stavolta siamo stati noi i vinti”
Non vi è celebrazione di alcun eroe, non vi è un premio arrivati alla fine, solo una frase stoica detta in maniera mesta davanti alle spade sepolte che guardano il villaggio.

L’esame non mi preoccupava più, avevo solo voglia di parlare di questo film a qualcuno e fu lì che capii, per il futuro, avrei dovuto trovarmi qualcosa che mi appassionasse nella vita tale per cui parlarne non mi sembrasse mai una dimostrazione di conoscenza, una verifica del mio sapere ma solo una condivisione che accende gli occhi di chi parla e elettrizza le orecchie di chi sente.
Questo articolo è una chiara scusa per sponsorizzare il fatto che la cineteca di Bologna ha restaurato in maniera sopraffina 5 capolavori di Kurosawa, diciamo che la distribuzione non è delle migliori ma se vi capita, andate, non ve ne pentirete, e se non riuscite al cinema c’è anche su amazon prime video, troverete il lavoro di un uomo appassionato della vita.
Alessandro Treccani
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