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Immagine del redattoreMonolite Teatro

“La Divina” Vicina; uno sguardo alla grande Eleonora Duse.


Cari amici vicini e lontani oggi voglio raccontarvi una storia: dovete sapere che 2777 anni fa, in data 21 Aprile, Romolo fondò la città di Roma da lì detta “Eterna”, ma questo poco importa alla mia narrazione volevo solo un bell'inizio.

In verità un po’ c’entra con la nostra storia, ma non occorre andare così indietro nel tempo; basta solamente andare nel giorno del 21 Aprile 1924 quando a Pittsburgh, in Pennsylvania, si spense a 66 anni l’attrice Eleonora Duse, per tutti “la Divina”.

E doveva andare fino negli stati uniti per morire, vi starete forse chiedendo? E la risposta è sì, perché la nostra Eleonora era in tournée e, da grande attrice qual era, aveva deciso di continuare a recitare anche se malata; le origini della sua “divinità”, però, non stanno solamente in questo fatto dell’epilogo della sua vita, ma partono fin dalla sua nascita.


Dovete sapere che la Divina oltre ad essere tale è “vicina”, perché nacque il 3 ottobre 1958 a Vigevano; città confinante con Abbiategrasso, che ha dato i natali al gruppo di Monolite; quindi, da attori, dobbiamo sentirci orgogliosi ad avere per vicina una figura così di spicco per il teatro moderno.

Infatti, e ci tengo a sottolinearlo, Eleonora Duse è una delle poche donne che viene celebrata in quasi tutte le città italiane: a Vigevano le è dedicata una targa, ad Abbiategrasso una via e nella Penisola troviamo molte  piazze e teatri a lei dedicati, perché dovete sapere che l’Italia fa un po’ fatica con le nomenclature e intitolazioni al femminile; dato che, spesso, le uniche donne commerate nelle nostre città o sono madonne o sante o la regina Margherita; Eleonora qui rappresenta un’eccezione insieme a poche altre.


Ma perché Eleonora è così amata? Perché tutti più o meno sanno chi è? e perché, soprattutto, il suo nome viene messo addirittura in grassetto nel capitolo su D’Annunzio nei manuali delle superiori?

Andiamo a scoprirlo.


Eleonora Duse, fin da piccola, respira l’aria e il clima teatrale, essendo figlia di attori, ma ben presto si accorge di avere una carenza: ha letto poco, non ha studiato i classici e ha una preparazione media che le hanno fornito i genitori; inoltre è consapevole di non avere una particolare fisicità e bellezza.

La Duse allora cerca di dare importanza al lato culturale dell’attore: la svolta avviene quando incontra Arrigo Boito, musicista e librettista, che le permette di conoscere il mondo culturale, di studiare e di elevarsi.

Grazie al sodalizio con Boito, che diventerà suo amante, la Duse diventa coltissima; partecipa lei stessa alla traduzione di testi, rinnovando così il proprio repertorio, che la porterà ben presto alla consacrazione quando metterà in scena “la principessa di Baghdad di Dumas”; opera che le farà da trampolino di lancio per la scena internazionale per cui sarà sempre conosciuta come la Divina.



Dal 1897, quando ormai è una diva, conosce il giovane poeta Gabriele d’Annunzio, non ancora famoso, ma con il quale inizierà una storia che sarà sulla bocca di tutti e sarà fondamentale per l’arte di entrambi; infatti si creerà un sodalizio tra teatro e poesia, che porterà il poeta a scrivere per l’attrice alcune tragedie in versi come “Francesca da Rimini”, “la Gioconda”, che saranno indissolubilmente legate al nome della Duse.

La Divina porta sulle scene le opere di d’Annunzio contribuendo ad aumentare la fama del futuro Vate d’Italia; la loro relazione continua fino a quando il poeta non commetterà l’errore di donare alcune sue opere alla celebre e unica rivale di Eleonora, cioè la francese Sarah Bernhardt; ma ovviamente Gabriele non dimenticò mai la nostra Divina tanto da dedicarle il romanzo “Fuoco”, il titolo dice tutto e, inoltre, conservò nel suo studio un busto della Duse, che, ancora oggi, ammiriamo al Vittoriale.



Ad inizio Novecento la carriera di Eleonora è sempre più in ascesa e trionfale ed è l’astro più luminoso del teatro venendo definita la prima grande attrice della contemporaneità; purtroppo la sua carriera ha un arresto causato dalla Prima Guerra Mondiale, che sconvolge il Mondo intero, ma dopo la quale la Duse decide di tornare sulle scene: prima, con una parentesi nella nascente industria cinematografica,  interpretando la madre nel film “Cenere” tratto dal romanzo di Grazia Deledda e poi con una tournée mondiale, nella quale la morte la coglierà nel 1924.

La Duse, inoltre, rivoluzionò il modo di recitare rendendolo molto più moderno; infatti lei, all’opposto del modo declamatorio della Bernhardt, recitava quasi nascondendosi, per sottrazione togliendo il superfluo e mantenendo l’umano e l’essenziale, cioè: il gesto, lo sguardo, sfruttando le luci e le ombre, il sedersi sul palco e,  addirittura, aggrapparsi alle tende o scoprirsi il seno; quindi, attore e personaggi erano la stessa cosa non c’era distinzione, ma c’era solo l’umano, il reale; questo la rendeva speciale e, soprattutto, comprensibile, dato che recitava sempre in italiano anche quando andava all’estero, ma tutti la capivano; questa era la sua magia.

L’importanza del gesto la vediamo nell’unico film recitato dalla Duse, cioè “Cenere” del 1916 in cui vediamo l’attrice sempre con il viso nascosto, che ci appare come un’ombra e che si illumina appena; il tutto caratterizzato da una gestualità composta ed essenziale, ma profondamente reale.

Eleonora Duse, oltre che essere una grandissima attrice, è stata una proto femminista; tanto che nel 1914 creò a Roma “la libreria delle attrici”, che aveva lo scopo di accoglierle attrici, ospitarle e farle studiare; inoltre spesso delle donne diceva:

 «Senza la donna non va niente. Questo l'ha dovuto riconoscere perfino Dio.»

Mentre riguardo ai suoi personaggi femminili disse:

«Il fatto è che mentre tutti diffidano delle donne, io me la intendo benissimo con loro! Io non guardo se hanno mentito, se hanno tradito, se hanno peccato - o se nacquero perverse - perché io sento che hanno pianto, - hanno sofferto per sentire o per tradire o per amare... io mi metto con loro e per loro e le frugo, frugo non per mania di sofferenza, ma perché il mio compianto femminile è più grande e più dettagliato, è più dolce e più completo che non il compianto che mi accordano gli uomini.»

L’importanza della Divina fu così determinante, che influenzò e ammaliò tutti coloro che poterono vederla in scena, come, ad esempio: Cechov, Stanislavskij e Chaplin; addirittura lasciò il segno in personalità successive a lei, per esempio, Marilyn Monroe la considerava un modello.

E, pensate un po’, il TIME dedicò la copertina alla Duse il giorno della sua morte per immortale per sempre ai posteri la nostra Divina vicina.



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